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Criticità

POLITICA COMMERCIALE E DI ACCESSO AL MERCATO

 

A)  Ostacoli alla libera circolazione delle merci
Il sistema produttivo italiano trova tradizionalmente negli ambienti imprenditoriali slovacchi apertura e ricettività: non sussistono problematiche specifiche relative all’accesso al mercato locale per gli operatori italiani.
Come membro dell’Unione Europea, che garantisce ai suoi Stati membri la libera circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali, e aderisce anche al Trattato di Schengen, che sancisce la libera circolazione dei cittadini UE, in Slovacchia non esistono particolari restrizioni.
La Slovacchia è altresì membro del WTO e adotta la normativa tariffaria di Bruxelles. La responsabilità legislativa e le competenze in materia doganale fanno capo al Ministero delle Finanze e al Ministero dell’Economia.
Le merci in arrivo nel Paese, soggette al pagamento di imposte quali IVA del 20 % su tutte le merci e accise su alcuni prodotti, possono essere immediatamente commercializzate.

B) Ostacoli alla libera circolazione dei servizi, dei capitali e libertà di stabilimento delle imprese

Non sono richieste particolari procedure per ottenere le licenze di commercializzazione dei prodotti, salvo che per un numero limitato di categorie merceologiche. Le licenze, rilasciate dal Ministero delle Finanze, possono essere di due tipi:
– generali, il cui rilascio è automatico;
– specifiche, soggette cioè ad autorizzazione ministeriale (es. prodotti farmaceutici, forniture per la difesa ecc.).

Il Codice commerciale, per quanto riguarda lo svolgimento di attività imprenditoriali, equipara le persone fisiche e giuridiche straniere a quelle slovacche, garantendo quindi la parità di trattamento fra operatori locali ed esteri.
Tra la Slovacchia e l’Italia è ancora oggi valido l’accordo contro la doppia imposizione firmato dall’ex Repubblica Cecoslovacca il 5 maggio 1981 ed in vigore dal giugno del 1984 (Legge 17/1985). Non ci sono restrizioni di carattere valutario che regolino l’attività degli investitori stranieri: previo versamento delle imposte, i profitti possono essere rimpatriati in valuta estera.

La legge 561/2007 sugli incentivi statali all’investimento ha subìto sostanziali modifiche in vigore dall’agosto 2011.
Le recenti disposizioni hanno ulteriormente ridotto le soglie minime nei vari settori d’investimento e agevolato le regioni meno sviluppate del Paese per consentire la realizzazione di progetti importanti e creare nuovi posti di lavoro in aree con alto tasso di disoccupazione. La nuova normativa estende l’aiuto a più settori dell’economia, differenzia infatti le condizioni generali relative alla produzione industriale, centri tecnologici, servizi strategici, turismo, concede gli aiuti agli investimenti per la sola acquisizione di nuove produzioni o nuovi impianti tecnologici (almeno il 60% del costo imputabile complessivo) e semplifica il processo di valutazione dell’investimento e la concessione dell’aiuto. Il periodo che intercorre tra la presentazione della richiesta di ammissione al contributo e la sua approvazione da parte del Governo slovacco varia da 60 a 120 giorni. In relazione alla produzione industriale, l’ammissibilità all’aiuto – per investimenti non inferiori a circa 14 milioni di Euro – prevede la costruzione di nuovi stabilimenti, l’ampliamento di una struttura produttiva già esistente, la diversificazione dei processi produttivi, l’acquisizione di un nuovo impianto. Qualora l’investimento sia localizzato in un’area in cui il tasso di disoccupazione è superiore a quello della media nazionale, è prevista una diminuzione del suddetto importo (7 milioni di Euro). Se il tasso di disoccupazione è superiore al 50% della media nazionale, l’importo dell’aiuto statale verrà ulteriormente ridotto a 3,5 milioni di Euro. Anche  per il settore turismo l’investimento minimo previsto varia secondo il tasso di disoccupazione delle regioni: 10 milioni di Euro per gli investimenti localizzati nei distretti con un tasso disoccupazione inferiore alla media nazionale del 2010, ridotti a 5 milioni di Euro nei distretti con il tasso di disoccupazione superiore alla media nazionale e 3 milioni di Euro se il rapporto di disoccupazione  è superiore al 50% della media nazionale.
A differenza degli investimenti nei settori industriale e turismo, per i centri tecnologici e di servizio strategico i requisiti per l’ammissibilità all’aiuto, che riguardano analogamente la costruzione di nuovi centri o l’ampliamento di strutture già esistenti, si basano sull’ammontare dei costi imputabili e sulla specializzazione del personale impiegato. I costi imputabili ai fini dell’aiuto riguardano le attività materiali (terreni, edifici, macchinari) ed immateriali (know-how, diritti) di lungo periodo, nonché l’ammontare dei salari prima del computo delle imposte. Per i centri tecnologici, infatti, le nuove disposizioni prevedono costi imputabili per 500.000 Euro, di cui almeno 250.000 coperti con capitale proprio, e l’impiego di personale laureato per almeno il 60% degli occupati. Per i Centri di servizi strategici i costi imputabili e personale laureato si riducono rispettivamente a 400.000 Euro (200.000 con capitali propri) e al 30% della forza lavoro.
La Legge sui parchi industriali, n. 193/2001, disciplina alcune misure e condizioni per gli organi dell’amministrazione statale che concedono e controllano l’utilizzo di questi aiuti. I parchi industriali possono essere costituiti soltanto dai Comuni.

I rapporti di lavoro dipendente sono regolamentati dal Nuovo Codice del Lavoro, in vigore da 1^ settembre 2011, che ha introdotto importanti novità consentendo maggiore flessibilità nel mercato del lavoro per favorire l’occupazione.